L’attività di pesca delle vongolare è regolamentata dal DM del 21/7/1998; Il decreto prevede che a curare tutti gli aspetti legati alla tutela del mare siano gli stessi incaricati di sfruttarne le risorse.
Non intendiamo criminalizzare nessuno, tanto meno la categoria dei pescatori ma sarebbe buona norma pensare a quis custodiet ipsos custodes?
La norma affida al consorzio la programmazione dello sforzo di pesca, i periodi di fermo, il ripopolamento e la semina della larva da cui si genererà il mollusco.
Gli strumenti, quindi, per un corretto sfruttamento della risorsa ci sarebbero, anche in termini di normativa comunitaria, ma allora perché i nostri compartimenti sono in perenne crisi? Perché si susseguono continue proteste per ricevere finanziamenti ed allargare il raggio d’azione dei compartimenti?
A nostro avviso dipende dalla logica, si fa per dire, con cui i consorzi hanno gestita la questione sinora badando a raccogliere il più possibile senza preoccuparsi di gestire il patrimonio che, è bene ricordarlo, era tra i più ricchi al mondo.
La miopia di gestione trova un valido alleato anche in Regione che col Regolamento Reg. Marche n°6/09 avoca il comitato di coordinamento, che dovrebbe essere proprio di ciascun consorzio, assumendone l’onere. I consorzi, quindi, redigono i piani senza alcun parere scientifico ed è la Regione ad approvarli col bel risultato che gli oneri della ricerca e del comitato ricadono sui contribuenti.
Senza la creazione di aree di riposo e prelievi ponderati di prodotto, fatalmente si arriverà all’esaurimento del prodotto stesso; e se per raccogliere si adottano tecniche ed attrezzature devastanti, a rischio non sarà solo il prodotto ma tutta la catena ad esso collegata.
Le chicane delle draghe idrauliche lungo le nostre coste rappresentano la distruzione e non l’adeguata gestione della risorsa soprattutto se, violando la legge non vengono rispettate la profondità e distanza dalle coste distruggendo tutte le forme di vita che stazionano sul fondale marino.
La situazione è insostenibile e per colpa di pochi si rischia il collasso. I consorzi si sono dimostrati incapaci di gestire la risorsa, così come la Regione non ha saputo, o voluto, imporsi per difendere un patrimonio che stiamo dissipando.
La causa dell’impoverimento della risorsa ittica non è solo da attribuire alle vongolare, anche l’inquinamento fa la sua parte e tutti questi elementi negativi, sommati alla mancanza di lungimiranza nella gestione della risorsa stanno portando il nostro mare alla totale sterilità.
In ballo c’è qualcosa in più degli interessi economici e politici di qualcuno, c’è la sopravvivenza del nostro Mare. Abbiamo l’obbligo morale di lasciare ai nostri figli una Natura integra.
Spiegare nel dettaglio, in questo breve articolo, i danni provocati da questa pratica di pesca è impossibile ma a tutti coloro che ne faranno richiesta via e mail, forniremo una scheda tecnica dettagliata circa il funzionamento di queste macchine capaci di scatenare l’inferno sui fondali marini.
Gli operatori del settore devono capire che non devono sfruttare oltremodo la risorsa e che alla politica non devono chiedere favori ma operare di concerto affinché la loro attività, peraltro importantissima, sia garantita nel tempo; soprattutto non devono pensare al mare come ad una miniera che dopo averla sfruttata la si possa lasciare e cercarne un’altra. Non c’è un altro mare.
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