Il Barilla Center for Food & Nutrition ha presentato uno studio dal titolo davvero suggestivo: " un pianeta migliore per i nostri figli " dal quale emergerebbe che solo l'un per cento dei bambini italiani viene nutrito adeguatamente.
Una realtà sicuramente sconfortante e che meriterebbe la messa in campo di forze adeguate per contrastarla.
La salute pubblica da un lato viene difesa con provvedimenti anche legislativi (un esempio per tutti: la lotta al fumo) e dall'altro è più che quotidianamente compromessa con abitudini killer, almeno, tanto quanto il fumo.
Ce ne occupiamo perché non vi può essere un atteggiamento ecologicamente corretto che si limiti alla differenziazione dei contenitori del cibo che acquistiamo ma anche - e direi soprattutto - alla scelta dello stesso alimento. Sarebbe paradossale, infatti, soffermarsi sullo smaltimento del contenitore e tralasciare del tutto il contenuto.
E' importantissimo impegnarsi affinché l'aria che respiriamo e l'acqua che, invece, beviamo corrispondano agli standard di salubrità che sarebbe giusto avessero; quanto meno di non nocività ma è, certamente, altrettanto ecologicamente significativo che la produzione del cibo non comporti, di per sé, un impatto ambientale insostenibile quanto un insediamente industriale che siamo pronti ad osteggiare.
Diamo uno sguardo a quando affermato dal " Gfn (Global Footprint Network) " che ha calcolato il "costo ecologico" dei consumi alimentari nei paesi cosiddetti "ad alto reddito": in media 60mq/abitante per soddisfare le attuali esigenze alimentari (in Italia siamo parsimoniosi e ci accontentiamo di soli 42).
In buona sostanza il confronto tra un menù a base di proteine animali derivanti dalla carne ed uno vegetariano, entrambi ugualmente rispondenti alle esigenze di una corretta alimentazione, vede un divario del duecentocinquanta per cento . . . indovinate a favore di chi ?